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Vent'anni

by Marcello Di Fazio



Iniziai a studiare inglese in modo più convinto [...]. Film, libri e canzoni, li assorbivo con una tale voracità da disorientarmi quando poi tornavo ai dialoghi in italiano.


non c'erano soltanto ragazzi, in quelle aree più confortevoli, vidi famiglie e persone più grandi. Pensai a come fosse naturale il costituirsi di un aggregato sociale in base all'età e soprattutto ai bisogni.


"Tu invece com'eri tre anni fa?"
"Come oggi, ma più grassa."
"E poi?"
"Più insicura, forse per via dell'idiota con cui stavo. È inquietante quanto riusciamo a farci succubi delle persone sbagliate."
"Ti sei fidata."
"Non lo so, ero come narcotizzata da quell'essere. Più grande di me, pensavo fosse un gran figo, invece era un completo idiota, egoista e cinico, se ci ripenso... uh!"


Sto lavorando parecchio su di me, ognuno è libero di fare quello che sente e le gelosie, i rancori, sono un problema di chi deve ancora crescere di livello.


Mi domandavo spesso come ci vedessero gli altri. Forse ci consideravano scomodi.


Tanta grandezza forse può essere contenuta soltanto con molta semplicità, pensai.


guardavo i miei occhi e quelli dei miei amici e leggevo nel fondo tutta quella trepidazione, la forza di un mare chiuso in una bottiglia.


C'era una sorta di sollievo, ma era un'emozione figlia di un sentimento vigliacco.


Già, quella creatura era purezza, per quello che rappresentava, per il posto dov'era venuta al mondo e per come era stata capace di azzerare con un vagito i nostri stati d'animo.


Sparii nuovamente nel bosco; il vento freddo mi sferzava il volto. Respiravo.


Non avevo fatto nulla, ma mi sentivo già una merda.


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