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Intervista sulla musica

di Luciano Berio



In un certo momento della nostra storia, le melodie sono esplose e si sono frantumate.


L'importante, mi sembra, è di non applicare giudizi morali a chi ascolta la musica in un modo o nell'altro.


La distinzione del pubblico in categorie non riguarda necessariamente la musica ma l'industria musicale che vive, appunto, di categori definite [...].


Tra un'opera musicale e chi l'ascolta c'è meno distanza storica che tra un quadro e chi lo guarda.


Il senso è irriducibile alla conoscenza e viceversa.


Quando dietro il fare e l'ascoltare musica non c'è un contratto sociale unanime e omogeneo, allora ci sono tanti modi di intendere la musica quanti sono gli individui che le si avvicinano.


Ho l'oscura sensazione, talvolta, di assistere a uno spettacolo remoto e originario della natura che diventa faticosamente cultura.


La musica è tutto quello che si ascolta con l'intenzione di ascoltare musica.


Cercare di definire la musica – che in ogni caso non è un oggetto ma un processo – è un po' come cercare di definire la poesia: si tratta cioè di un'operazione felicemente impossibile.


La musica è un insieme di tanti fenomeni diversi che prende forma in tante zone e livelli diversi della nostra coscienza e della realtà.


[...] come la mia avversione per un altro termine di uso frequente: « operatore culturale ». Un termine sociologicamente, antropologicamente e culturalmente demente.