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La storia di Anna O.

di Lucy Freeman



Aveva l'aria assente, lontana, pareva chiusa in un suo mondo, un mondo che non aveva relazione con la Vienna di quel Natale del 1880.


Gli occhi azzurri si volsero a fissarlo, ma le labbra non si mossero. A Breuer parve di riconoscere i sintomi dell'isteria; ne aveva riscontrati diversi casi. Una malattia che colpiva le donne: il termine 'isteria' derivava dal greco hystera, utero, ventre. Le donne che ne erano affette venivano improvvisamente colpite da paralisi alle gambe o alle braccia, o accusavano improvvisi capogiri o emicranie, oppure perdevano la vista o l'udito, il tutto senza un'evidente causa organica.


Convinto che la ragazza soffrisse di isteria, Breuer domandò alla madre: 'C'è qualcosa che preoccupa sua figlia?'


Breuer si tolse di tasca il fazzoletto e le asciugò le lacrime; essendo paralizzata, la ragazza non poteva farlo da sé.


Indovinava in lei un notevole fascino, una vitalità che neppure la malattia era riuscita a spegnere del tutto. Ne ammirava la fantasia, la creatività, l'intelligenza, l'intuizione. Sentiva anche in lei la presenza di una volontà forte e ostinata, di chi ha sempre fatto a modo suo e intende continuare così a dispetto di qualunque opposizione. I suoi genitori le avevano dato troppo da un lato e troppo poco dall'altro, pensò Breuer, sicché quando si trovava di fronte agli inevitabili dolori della vita, come la prossima morte del padre, il suo fisico non sapeva reggere.


Era disposto ad attendere che fosse pronta a emergere dal limbo in cui si era ritirata per non dover affrontare sentimenti che avrebbero potuto in quel momento annientarla.


Nonostante i suoi momenti di confusione e le allucinazioni, è una ragazza molto intelligente e sensibile.


La ragazza non voleva più vivere in un mondo in cui non c'era più suo padre.


A suo avviso le medicine erano al più un espediente momentaneo, ma non arrivavano alla radice della malattia.


'Quando le esprimo tutto quello che mi passa per la mente, è come spazzare il camino.'


Ora era sovraeccitata, ora depressa e irritabile. Sembrava incapace di provare piacere a vivere, anche quando non c'era nulla di preciso che la turbasse.


Era la negazione disperata di una realtà troppo dolorosa per lei da sopportare.


La possibilità che ciascun sintomo fosse legato a un'esperienza che aveva provocato nella ragazza una reazione emotiva che non riusciva a trovare espressione affascinava il giovane medico viennese.


Quando racconti un episodio, e piangi, le parole lo stanno rendendo vivo, ed è come se rivivessi quell'esperienza: il pianto testimonia che non c'è distacco emotivo. Riportare a galla quelle emozioni suscita ancora una reazione emotiva pari a quella originaria (non c'è stata elaborazione!). Parlare di un episodio, per quanto doloroso, non arrivando alle lacrime spontanee e inevitabili, dimostra che tra il fatto occorso e il momento attuale ha avuto luogo un'elaborazione e che provocato il distacco emotivo, che è salutare.


Breuer aveva anche notato che non appena la ragazza si liberava di un sintomo parlandone, questo faceva una momentanea ricomparsa con particolare intensità.


Breuer ne dedusse che le veniva meno la capacità di parlare ogni volta che le veniva rivolta un'accusa la cui ingiustizia la riempiva di collera ma da cui non sapeva difendersi.


'Se vi sarà giustizia nel mondo a venire, le donne faranno le leggi, gli uomini faranno i bambini.' (Bertha Pappenheim, Francoforte 1922)


Bertha si affezionò senza riserve alle piccole ospiti dell'orfanotrofio, che non avevano nessuno a cui importasse se erano vive o morte.


Il senso di inferiorità rispetto al maschio veniva inculcato si può dire dal momento della nascita.


Molte delle ragazze che si sono prostituite sanno che il loro unico valore è quello della merce sessuale.


[Lo sciopero delle mogli dal talamo! Argomento nella commedia 'I diritti delle donne' della Pappenheim, e oggetto delle farse in epoca già romana! Unico potere delle donne: il loro corpo.]


Le sembrava che essere costretta a vendere il proprio corpo per mancanza di istruzione o di educazione morale e di alternative di vita, fosse per una ragazza l'umiliazione più grande.


Perché di schiavitù si trattava, sempre: la donna veniva tenuta in stato di soggezione negandole il diritto all'istruzione, o il diritto di voto, o il diritto di divorziare, a possedere beni, a scegliere l'uomo a cui donare il proprio corpo, non per denaro ma per amore.


Doveva ritenersi fortunata, pensava, perché sua madre e suo padre erano vissuti insieme finché la morte li aveva divisi; non avevano vissuto, né avevano fatto vivere ai figli, l'esperienza distruttiva dell'abbandono, anche se sapeva che non sempre la loro vita si era svolta in perfetta armonia, né era stata animata dal fuoco della passione.


Durante una notte di tempesta, un uccello volle portare i suoi piccoli in un rifugio più sicuro, trasportandoli uno per uno sopra il fiume in piena. Durante la traversata il padre chiese al primo uccellino: 'Vedi quali pericoli affronto per portarti in salvo. Farai lo stesso per me quando sarò vecchio e debole?' 'Certo padre', rispose l'uccellino. Il padre allora lo lasciò cadere tra i flutti ribollenti, dicendo: 'Chi mente non merita di essere salvato.'
Ripeté la domanda al secondo figlio, e ne ebbe la medesima risposta. Ma il terzo uccellino, alla domanda del padre rispose: 'Caro padre, non posso farti una promessa del genere. Ma ti prometto che farò il possibile per porre in salvo i miei piccoli.'


Anche in tempo di guerra, quando i soldati morivano a migliaia, i bambini dovevano mangiare.


Una volta un bambinetto di tre anni si alzò da tavola e le si avvicinò, fissando in silenzio con occhi affamati la patata che stava per addentare. Bertha Pappenheim si alzò e preso il bambino per mano, lo accompagnò al suo tavolo; quindi depose sul suo piatto vuoto la patata della sua razione. Avrebbe volentieri rinunciato a tutte le patate del mondo per avere in cambio il timido sorriso di riconoscenza che il piccolo le rivolse allora.


Secondo la legge le giovani donne normali dovevano scegliere tra una vita morale, ma solitaria e repressiva dei loro istinti più naturali, e la prostituzione.


Dopo essere stata al cimitero a visitare la tomba di sua madre, compose una preghiera, che terminava con queste parole: 'Possa io conservare finché avrò vita la forza di servire, con la parola, con il silenzio, con le azioni, per meritarmi il diritto alla piccola fossa di terra accanto alla tua tomba, Madre. Amen.'


Le due donne avevano la medesima età, non si erano sposate, e servivano entrambe, sebbene in modi diversi, il loro popolo; discussero molto, e ciascuna rimase ferma nelle proprie convinzioni.


Si era riempita la vita con il suo lavoro, i suoi scritti, i suoi viaggi. Nei momenti di tristezza si domandava perché non si fosse sposata, perché non avesse avuto figli suoi, invece di occuparsi degli orfani e dei reietti. Ma la tristezza passava presto: c'era sempre tanto da fare: trovare la persona adatta a dirigere il nuovo orfanotrofio, battersi per quello che le sembrava giusto, e, dal tempo della guerra, trovare abbastanza da mangiare per gli ospiti del Centro.
Una volta, e fu l'unica volta, si era abbandonata alle sue emozioni. Fu il giorno del suo settantesimo compleanno. Alla Federazione le avevano fatto una sorpresa: le avevano fatto trovare una tavola piena di regali delle donne e delle ragazze del Centro. La sua emozione fu così grande che sulle prime non riuscì a parlare.
Alla fine, con gli occhi pieni di lacrime, aveva detto: 'Scusate, vi prego. Sono così poco abituata all'amore, che mi sento sopraffatta dall'emozione.'


Il senso dell'umorismo non le veniva meno neppure in presenza della morte. Era la qualità che le aveva sempre impedito di cadere in falsi sentimentalismi, di demoralizzarsi quando occorreva continuare a combattere.
Ne parlava anche in una delle sue preghiere: 'Che senso ha aggrapparsi a questa sterile vita, che secondo la legge eterna non dura che un attimo? Ma riempirne la coppa sì che la rugiada e la pioggia ne trabocchino per il bene di molti, questo è un dono di Dio. Sul fondo rimangono le lacrime. Possa il riso liberatore restarmi vicino. Dà sapore alla vita, necessario come il pane e il sale.'


'...l'isterico soffrirebbe per lo più di reminiscenze...' (Sigmund Freud, in 'Comunicazione preliminare')


Quell'estate, quando Breuer andava a visitare la sua paziente nella casa di campagna, Freud studiava al microscopio le cellule nervose dei crostacei.


A un paziente fu detto sotto ipnosi che al risveglio il suo braccio destro sarebbe stato paralizzato. E di fatti al risveglio l'uomo non riusciva a muovere il braccio, e non ricordava le circostanze che avevano provocato il fenomeno. Fu nuovamente ipnotizzato e gli fu detto che al risveglio il braccio sarebbe tornato normale, e così avvenne.
Vedendo ripetersi il fenomeno, Freud rifletté che doveva esistere una parte della psiche umana che rimaneva al di fuori della sfera della coscienza ed era più potente della coscienza, al punto da poterla controllare. Osservando gli esperimenti di Charcot con l'ipnosi, Freud aveva potuto vedere in azione l''inconscio'.


'...con grandissima sorpresa i singoli sintomi isterici scomparivano subito e in modo definitivo quando si era riusciti a ridestare con piena chiarezza il ricordo dell'evento determinante, risvegliando insieme anche l'affetto che l'aveva accompagnato, e quando il malato descriveva l'evento nel modo più completo possibile esprimendo verbalmente il proprio affetto.'
Invece 'il ricordo privo di elemento affettivi è quasi sempre del tutto insufficiente.' Era necessaria, in altri termini, l'espressione dell'emozione. Le parole da sole non servivano a nulla.


I due autori precisano che se l'offesa subìta viene in qualche modo vendicata, sia pure a sole parole, il suo ricordo presenta effetti e modalità del tutto diversi da quelli di un'offesa che è stata accettata senza possibilità di sfogo emotivo. E perché vi sia un effetto 'catartico' occorre che la reazione al trauma subìto sia adeguata, come per esempio, al vendetta nel caso di un'offesa.


'Molto sarà guadagnato se ci riuscisse di trasformare la miseria isterica in un'infelicità comune.' (Sigmund Freud)


Le esperienze traumatiche producono una quantità di eccitazione nervosa, o carica di energia, troppo vasta perché se ne possa disporre in modi normali, dando luogo così all'insorgere della nevrosi.


Il caso di Bertha Pappenheim fece nascere in Freud l'idea che 'l'isterico soffrirebbe per lo più di reminiscenze', e che i ricordi vengono rimossi perché evocatori di intense emozioni che appaiono al malato pericolose per la sua immagine che sé.


I sogni rappresentano la strada verso l'inconscio.


Freud non mancò mai di attribuire al collega la scoperta di due concetti fondamentali da cui trasse origine la dottrina psicoanalitica: che i sintomi nevrotici discendono da emozioni cui è stato impedito il normale sbocco, e che tali sintomi scompaiono quando le loro cause inconsce sono riportate nell'ambito della coscienza.


Le incessanti 'lotte' condotte nella maturità costituivano uno sbocco necessario della sua sessualità e insieme della sua aggressività. Per questo, forse, non ebbe altre ricadute. Dopo quel primo episodio, la sua vita intera sembra essere una monumentale sublimazione dell'istinto sessuale. Mise la sua rabbia al servizio degli altri.
Bertha Pappenheim era in grado di tenere a freno le fantasie e di usare la mente a fini costruttivi. 'Che disastro', aveva detto una volta, 'il mio cervello non fa che fabbricare progetti.' Perché definire 'disastro' una mente di prim'ordine come la sua? Ma forse non si riferiva alle sue capacità intellettive, bensì alle fantasie che le mulinavano dentro e che doveva costantemente imbrigliare: la fantasia di essere una ragazza delinquente, sul punto di cadere nella vergogna, la fantasia di essere una prostituta, di essere una ragazza madre. I redentori sono sempre sospetti: ciò che con tanto fanatico impegno vogliono 'redimere' coincide spesso con i loro più nascosti desideri.


'La vita di Bertha Pappenheim è insieme tragica ed edificante', conclude il dottor Steward. 'E' un esempio delle notevoli limitazioni che la nevrosi impone alla vita, ma anche di come le emozioni possano essere sublimate e indirizzate a fini elevati. Bertha Pappenheim trasse quanto di meglio era possibile dalla sua malattia. Fu essa a conferire alla sua vita un'impronta di zelo quasi religioso. Senza la malattia e senza la sua capacità di sublimazione, non avrebbe mai potuto compiere le grandi cose per cui è ricordata.'


Alla fine solo l'autocoscienza può produrre cambiamenti profondi dentro di noi.


L'interesse per gli orfani, le ragazze madri, le ragazze delinquenti e le prostitute fu al tempo stesso la sua vita e il suo modo di salvarsi la vita.


La parola 'dovere', aveva detto, le piaceva: 'Rappresenta un ottimo e necessario antidoto alla mia fantasia, che galoppa sfrenata come se i doveri non esistessero.' Senza l''antidoto' del senso del dovere, dunque, la sua fantasia 'sfrenata' l'avrebbe trascinata nel mondo dell'irrealtà. Per questo si impediva di indulgere ai propri stati d'animo, ed esigeva lo stesso da tutti gli altri, lei che una volta si era abbandonata alle emozioni più incontrollate.


E la sua vita fu appunto espressione della sua forza, nelle opere che realizzò, e della sua debolezza, nell'incapacità di formarsi una famiglia.


Non sarebbe mai venuta a capo dei più profondi conflitti della sua vita, ma la tentazione del suicidio, o forse della psicosi, era stata allontanata per sempre.


'La cosa più bella per una donna è essere stata qualcosa per qualcuno', così scrisse alle amiche durante uno dei suoi viaggi.


Più volte nelle sue lettere Bertha P. parla del pericolo rappresentato dal lasciarsi trasportare dalle fantasie.


Breuer deprecava che una ragazza tanto intelligente, finita la scuola media, fosse lasciata senza adeguata istruzione: 'Questo vigoroso intelletto avrebbe avuto la possibilità di alimentarsi di un valido nutrimento spirituale, di cui avrebbe avuto bisogno, ma che invece non ha più ricevuto dopo la scuola.'


Tra le regole di vita di Bertha P., ne troviamo una che dice: 'Nel tuo patrimonio lessicale devi riservarti un insieme segreto di parole che non userai mai in maniera casuale o convenzionale.'


'Tutta la tua vita, il tuo comportamento, tutto ciò che puoi essere e fare sarà solo un esempio vivente di ciò che significa Kultur e di ciò che l'educazione può realizzare.'


I nostri interesse [delle donne], già l'abbiamo detto, si trovano sparpagliati in diverse direzioni. Sesso, carriera, sapere, soldi, affetti, potere, prestigio, non sono per noi messi in fila; possiamo avere una cosa e ne perdiamo un'altra, possiamo anche barattare una cosa con un'altra, ma allora siamo escluse da altri scambi. Possiamo scambiare il sesso contro denaro, ma allora perdiamo il prestigio sociale; se vogliamo questo, dobbiamo rinunciare ad un certo numero di piaceri; per salvare gli affetti perdiamo il sapere, e via di questo passo. Questa situazione, oltre a renderci confuse su quello che vogliamo, ci preclude la strada dei valori universali.


L'unica critica che facciamo agli psicanalisti e di non aver tenuto conto che nel teorizzare sulle donne, sulla loro natura, sessualità, non si deve trascurare il fatto di una loro particolare condizione storica e dei suoi effetti. A questo modo si escluderebbe di considerare una condizione storica nella quale i desideri e gli interessi maschili sono parte in causa, per cui sono stati tolti di vista anche gli interessi di quelli che teorizzavano su di noi. [...] Otto Weininger ci dà un bell'esempio di quello che può diventare un discorso su di noi [donne] quando la nostra particolarità sessuale è proiettata in teoria da un uomo cieco su ciò che lo muove a parlare.


La falsa dichiarazione finale con cui Breuer annunciava una guarigione che in realtà non aveva avuto luogo, ci avverte che i dati di fatti, quando intralciano un ragionamento, possono anche venire cancellati.


Di quella notevole capacità di fantasticare che faceva parte della sua intelligenza giovanile, lei avrà soprattutto paura e non riuscirà più a reintegrarla nella sua personalità.


Questa paura ella fantasia e delle fantasie, dalle quali si difende con un'esistenza minutamente regolata e tutta piena di occupazioni, è come la cicatrice del disastro occorso ad Anno O. Dalla trappola di sollecitazioni contrastanti e di desideri impraticabili, lei si è allontanata il più possibile, ma qualcosa ci ha dovuto rimettere, un brindello prezioso. Imperfetta sublimazione [...].


Si chiama 'sublimazione' in psicanalisi il processo psichico di spostamento delle energie amorose da una meta sessuale ad una non sessuale e socialmente valorizzata, come l'attività artistica o la ricerca intellettuale. Riuscire a sublimare è il miglior modo per trasformare una privazione in un guadagno – così potente che Freud sembra incline a pensare che lo sia fin troppo, potendo sollevare l'uomo tanto in alto da esonerarlo di confrontarsi con le contraddizioni e i limiti della realtà.


Se non fossi nemica dei paragoni poetici e se non sapessi che tutti i paragoni zoppicano, vorrei dire che la nostra vita dovrebbe essere formata da intrecci e tessiture di uguale e diritto filo, in un materiale bello, saldo e genuino, così da rappresentare calori estetici e morali.


Se non si ha nulla da amare, l'odio è un buon surrogato.


Dopo aver visitato l'albergo dei poveri a Mosca, un'ammucchiata di malati, ladruncoli, prostitute, alcolizzati, scrisse: 'Ho potuto sopportare soltanto perché sull'altro piatto della bilancia mettevo Tolstoj e mi sono detta che la cattiveria è transitoria mentre ci restano la bontà e la bellezza. Se non avessimo questo conforto, guardare il lato oscuro della vita potrebbe schiacciarci.


Il 1 maggio 1934, due anni prima di morire, compose dei necrologi per se stessa (un genere letterario del quale abbiamo così scoperto l'esistenza).