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Mistici e maghi del Tibet

by Alexandra David-Neel



La vostra guida spirituale non vi ha istruito sul pericolo che si corre e non avete voi accettato i tre rischi: malattia, follia o morte?...


Certi lamaisti asseriscono, che immediatamente dopo che lo ''spirito'' ha rotto il suo legame con il corpo, ha l''intuizione, rapida come un baleno, della Realtà Suprema.


Le sue peregrinazioni furono più straordinarie di quelle di Yéchés Gyatso, giacché questi almeno sapeva dove andava, mentre Karma Dorji non lo sapeva.


Immaginare (in tibetano migspa) si intende concentrazione del pensiero, spinto fino a produrre l'oggettivazione dell'immagine soggettiva che si è immaginata. E' uno stato di 'transe', durante il quale i fatti e i luoghi immaginati si sostituiscono completamente a quelle percepiti durante lo stato di coscienza normale.


Dopo la sua prima giovinezza, Migyur - così si chiamava - era stato ossessionato dalla strana idea che egli "non era dove avrebbe dovuto essere."


« Colui che conosce come comportarsi può vivere bene anche all'inferno », è un detto popolare del Tibet.


'Il respiro è la cavalcatura e lo spirito il cavaliere', ripetono i mistici tibetani, ed è importante che la cavalcatura sia docile.


Desideravo ardentemente toglierlo dall'incubo nel quale si dibatteva.


Non si può discutere con i mistici orientali.
Quando essi rispondono: « Ho visto così nelle mie meditazioni », non c'è nulla da obiettare.


Il compito del lama è di agevolare che lo 'spirito' salti fuori dal suo involucro dal vertice della testa perché se lo 'spirito' uscisse per altra via, il benessere futuro di quell'uomo sarebbe molto compromesso.


Non ho mai inteso di un solo eremita o tsam-pa che abbia sofferto, magari solo al principio dell'isolamento, della mancanza di compagnia umana; non solo, ma coloro che hanno gustato questo genere di esistenza, generalmente non possono riabituarsi a vivere in luoghi abitati e riprendere rapporti sociali.


Letteralmente la parola tulku significa 'una forma creata con un procedimento magico'.


L'uomo comune che non è morto in un momento in cui aveva già perso la conoscenza, non capisce con immediatezza che cosa è accaduto quando riprende coscienza. Per parecchi giorni egli 'parlerà' con la gente che abita in quella che fu la sua dimora, e si meraviglierà che nessuno gli risponda o si renda conto della sua presenza.


L'uniforme che si sono data è generalmente la sporcizia.


Dopo d'allora e fin quando durerà l'insegnamento mentale e spirituale, egli vivrà in una fantasmagoria continua. Attorno a lui, cielo e terra danzeranno una sarabanda stravagante; dèi e demoni lo perseguiteranno con visioni orrende prima, e poi ironiche e sconcertanti finché non avrà vinto la paura.


Tutti i fatti che in altri paesi sono ritenuti miracolosi o in un modo qualsiasi attribuiti all'intervento di esseri appartenenti ad altri mondi, sono considerati per gli adepti più sperimentati delle dottrine mistiche tibetane, fenomeni psichici.


Non c'è nei tibetani il desiderio di effettuare un qualunque esame critico dei fatti. In realtà, nel loro spirito non si agitano come in noi occidentali, dubbi su fatti che sono possibili e fatti impossibili.
La maggioranza dei tibetani - colti e ignoranti - ammettono che tutto è possibile a colui che sa come agire, e per conseguenza i prodigi dei quali essi sono testimoni non svegliano in loro che un sentimento di ammirazione per l'uomo abile che è capace di produrli.


Alcuni di questi alloggi, erano stati costruiti apposta per ospitare religiosi che osservavano la più stretta clausura e non parlavano mai con nessuno. Tra questi alcuni tendevano ad acquisire facoltà psichiche sovrumane o poteri magici, mentre altri si dedicavano alla contemplazione mistica che, secondo le teorie in onore della loro setta, conduce alla illuminazione spirituale.


Allora per Narota cominciò una serie di peregrinazioni che i suoi biografi si sono preoccupati, senza dubbio, di allungare e abbellire, ma la cui sostanza è molto probabilmente vera.


questa terra di coraggiosi primitivi dove il valore è ancora nella guerra arcaica contro le carovane.


Così, cambiando continuamente direzione durante tutta la sua vita, questo folle non combinerà mai nulla.


Altre donne vivono da eremite e molte pellegrine vagabondano sole, con un piccolo sacco sulle spalle, per tutto il Tibet.


anche in India certi yogi insultano coloro che li avvicinano.


Il buddismo insegna che l'energia prodotta dall'attività mentale e fisica di un essere porta, una volta che l'essere è stato dissolto dalla morte, alla comparsa di nuovi fenomeni mentali e fisici.


ecco che riparto per la terra che mi chiama con una forza irresistibile.


Solitudine, ancora, sempre.


Problemi filosofici che i libri risolvono male


Ma in Tibet, come d'altro canto dovunque, i punti di vista dei filosofi sono compresi solo dai privilegiati.


Ma i diavoli sono immortali, per buona fortuna degli stregoni che ne traggono sostentamento e perciò l'anno seguente ripetono la medesima funzione.


la mia ferma volontà


Qualunque cosa si possa pensare della vita dell'eremita, è certo che essa è piena di fascino. I sentimenti che si provano quando si chiude la porta del tsham-khang o quando dall'alto dell'eremitaggio si vede cadere nella vallata la prima neve, e si pensa che essa bloccherà per mesi tutte le vie d'accesso, sono d'una dolcezza voluttuosa. Bisogna averne fatta di esperienza per capire l'attrazione che esercita su molti orientali questo genere di esistenza.


Il rumore, l'andare e venire della gente, le causano sensazioni penose se viene distolta dallo stato psichico particolare nel quale si trova


La più selvaggia solitudine sembra sia appena sufficiente a soddisfare la sete di isolamento.


I motivi ai quali obbediscono coloro i quali si incamminano per questa via ritenuta pericolosa sono differenti.


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