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Il treno dei bambini

by Viola Ardone



Sei felice, - dice il bambino. Non lo chiede, lo esige.


Poi, con il buio e il silenzio, il direttore faceva due cerchi con le braccia, come per accarezzare l'orchestra. E allora ognuno partiva per conto suo, ma la musica nasceva tutta insieme.


Non sapere se si sarebbe presentato per cena era una tortura. Ma sopportabile.


Luigi era mio fratello maggiore e, se non aveva la cattiva idea di prendersi l'asma bronchiale da piccolo, mo teneva tre anni più di me. Così, quando sono nato, ero già figlio unico.


Osservo mia mamma attraverso il finestrino. Lei si stringe nello scialle, in silenzio. Il silenzio è parte sua.


mia mamma Antonietta mi ha spiegato che noi siamo poveri, sì, ma ladri no. Altrimenti diventiamo pezzenti. Però Tommasino mi ha visto e ha rubato una mela pure per me.


Dice mia mamma che io non devo crescere come lei, ed è per questo che mi ha mandato a scuola. Io ci sono andato, ma non mi sono trovato bene.


Sono stanco, di una stanchezza remota, come se in città ci fossi tornato a piedi.


I dubbi me li tengo, li porto con me per compagnia. Non ho risolto niente, non hai importanza.


Mi sembra una città fatta di stelle dentro a un cielo nero nero.


Tommasino si nasconde dietro a me per la paura. Non si accorge che tengo paura pure io.


Di nome invece faccio Amerigo. Il nome me l'ha dato mio padre. Io non l'ho mai conosciuto e, ogni volta che chiedo, mia mamma alza gli occhi al cielo come quando viene a piovere e lei non ha fatto in tempo a entrare i panni stesi.


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