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Potevate anche dirmelo

di Enrica Aragona



L’essere umano si abitua a tutto, diceva qualcuno. Anche alle cose peggiori. Quel qualcuno, però, non viveva nel mio condominio, pertanto immagino che non fosse costretto a svegliarsi alle sette con la puzza di cavolfiore bollito. (Page 8 - March 30, 2014)


Il Centro Nazionale Telematico mi aveva aperto le porte quasi due anni prima, quando ero ancora una povera cretina che faceva colazione con pane e idealismo. Una moderna Lady Oscar ma più ostinata, un’idiota matricolata che sgobbava come un mulo ignorando il lassismo che la circondava, fregandosene che tutto intorno a lei procedesse in direzione contraria. Lealtà, trasparenza e meritocrazia erano le mie liberté, egalité et fraternité. Così, mentre a colazione mangiavo pane e idealismo, la sera cenavo con quintali di fiele. Con il passare del tempo, però, mi resi conto che spendere tre quarti dello stipendio in gastroscopie non era proprio qualcosa di cui andare fieri. Decisi quindi di abbandonare l’utopia meritocratica in favore di un meno morale – ma più salutare – trasformismo. (Page 13 - March 30, 2014)


Perché noi abbiamo sì voluto la parità dei sessi, ma se c’è da spostare uno scatolone di trenta chili e c’è un uomo nei paraggi è chiaro che toccherà a lui, altrimenti è un maleducato. E pure uno stronzo. (Page 28 - March 30, 2014)


Per questo non andavo spesso a trovare i miei. Troppi ricordi infelici mi abbaiavano contro ogni volta che imboccavo quella stradina senza uscita. Ero una vigliacca, ma la mia vigliaccheria mi permetteva di sopravvivere senza andare in analisi. (Page 63 - March 30, 2014)


Dovetti sbrigare le pratiche burocratiche, molte di più di quelle che immaginavo. Certificati, successioni, bollette, intestazioni... deve essere così che la gente combatte il dolore: decine di giri per uffici statali e privati, telefonate interminabili, lunghe code agli sportelli per non pensare alla mancanza del caro estinto. È burocrazia terapeutica: quando finisci di girare, il tempo che avresti speso per piangerti addosso è passato. (Page 84 - March 30, 2014)


Dio solo sa quanto avrei voluto cancellare quella sera, cancellare gli ultimi anni della mia vita, se non altro per rendere meno amaro il sapore della sconfitta. Ma per quanto mi sforzassi l’unico risultato che riuscivo a ottenere era di sentirmi ancora più patetica, come quando ti cade la cenere sulle coperte e, provando a toglierla, la spargi ancora di più. L’unico modo per non sporcare il letto di cenere è evitare di fumarci dentro. (Page 95 - March 30, 2014)


Non credo più nel destino, mi ha dato troppe fregature. E poi non ne posso più di gente complicata, sai? Stasera vorrei solo divertirmi e non pensare a niente. (Page 114 - March 30, 2014)


Detestavo invischiarmi in quelle crisi esistenziali che mi portavano a mettere in discussione tutta la mia esistenza, perché la conclusione era sempre la stessa: okay, io ero quella sbagliata, quella con un carattere di merda, ma mi piacevo e non ero intenzionata a cambiare. Quindi perché infilarsi in quel labirinto di sensi di colpa se poi il risultato non sarebbe comunque cambiato? (Page 130 - March 30, 2014)


Quella notte di gennaio, però, avevo perso la partita contro le illusioni e capii (Page 133 - March 30, 2014)


Io non so cosa succederà tra un anno. Veramente non so nemmeno cosa succederà domani, altrimenti non sarei qui ma in ricevitoria a giocare il Superenalotto. Ma una cosa la so: non è vero che a trent’anni bisogna avere ben chiaro in testa cosa si vuole diventare da grandi. Non fatevi infinocchiare da chi vi vuole far credere che se a trent’anni non hai ancora deciso cosa fare del tuo futuro, sei una sbagliata. (Page 136 - March 30, 2014)